AL DI LA’ DEI MURI. LE INDICAZIONI DI UNA ESPERIENZA
I risultati ottenuti dal progetto hanno superato di molto le aspettative iniziali, perché il percorso, che ha seguito le indicazioni che emergevano via via dall’esperienza, ha posto in essere qualcosa di nuovo che si è imposto alla coscienza, sia in relazione ai rapporti che alle conoscenze. Dall’analisi delle risposte, contenute nei questionari di valutazione, è possibile rintracciare i risultati conseguiti a partire dalle aspettative/motivazioni iniziali fino al dato di coscienza acquisito, attraverso le diverse tappe del percorso (contenuti disciplinari e metodologie). Questi risultati sono importanti non solo in relazione all’insegnamento in classi multiculturali, che sono una realtà nella scuola italiana, e all’integrazione degli stranieri, che necessitano di percorsi di formazione non solo professionalizzanti, ma anche e forse soprattutto in relazione alla didattica e pratica scolastica ancora troppo legata a forme tradizionali. (Abstract)
Al di là dei muri. Indicazioni di una esperienza
Tra le motivazioni e le aspettative iniziali e la valutazione dei risultati da parte degli studenti del Liceo Fermi c’è tutto un percorso che va analizzato con attenzione, ma la considerazione che si impone con evidenza immediata, e che è importante anticipare, è che il risultato ha superato le aspettative, per forza di cose un po’ generiche e anche forse un po’ confuse, e che l’indice di gradimento è stato altissimo (15 hanno indicato molto e 4 moltissimo nel questionario di valutazione).
“Mi aspettavo un’esperienza molto più basilare, organizzata in modo più elementare e meno impegnativa. Sono soddisfatto di quello che invece il progetto si è rivelato”, perché “ogni attività era mirata più che a farci comprendere dei concetti a farci sentire parte di un tutto, a dare un senso di comunità” (E. Maneri)
“Sono rimasta piacevolmente sorpresa: non pensavo che avrei avuto modo di confrontarmi in modo così diretto con questi ragazzi, con i quali sono nati rapporti di amicizia. Abbiamo ancora molto da insegnarci reciprocamente” (F.Lasi)
Il percorso è stato caratterizzato e scandito dai lavori di gruppo. La maggior parte degli studenti non era nuova a questa esperienza (13 su 19), attività che ha favorito, nella valutazione degli studenti, principalmente il confronto (14), mentre nei riguardi dei richiedenti asilo l’attività è stata, sia di confronto e dialogo (9) che di aiuto alla comprensione (10).
“Direi che nei momenti in cui veniva chiesto di svolgere degli esercizi si creava quell’atmosfera che permetteva uno scambio di idee maggiori”, ma, non essendo “per niente ferrati nella nostra lingua, l’aiuto alla comprensione è stata la cosa più importante” (G. Ianniciello)
“Essendo il confronto e il dialogo gli obiettivi primissimi di questo progetto, tutti ci siamo messi in gioco” (B. Esposito)
Nonostante le sue peculiarità e grazie alle sue innovazioni, il progetto intendeva realizzare dei percorsi disciplinari, con l’obiettivo di promuovere delle esperienze ad essi finalizzati. Gli studenti alla domanda se il lavoro è risultato utile per rafforzare conoscenze ed abilità si sono divisi in due schieramenti praticamente paritetici: 10 hanno risposto affermativamente e 9 hanno dato una risposta negativa. A volte le motivazioni del sì e del no sono state le stesse: importante è capire il senso di queste riflessioni.
“Attraverso questo percorso ho capito quanto sia importante il confronto, non ero abituato a leggere e commentare dei documenti insieme ai miei amici per poi fare un brainstorming conclusivo dove raggruppavamo tutte le idee.”
(N. Querzola) Ho imparato cioè un nuovo metodo di studio e la risposta quindi è stata positiva.
Invece se “l’apprendimento scolastico è solo un prendere quello che ascolti” qui “l’abilità che più ho approfondito è stata il mettermi nei panni degli altri e quindi ho imparato a dare” (F.Pozzati) per cui la risposta alla domanda è stata negativa, ma il rilievo è lo stesso.
Alcuni hanno rilevato di aver maturato competenze di tipo comunicativo e sociale, l’obiettivo principale del progetto. Tuttavia, essendo queste osservazioni la giustificazione di una risposta negativa alla domanda precedente, emerge anche qui una percezione molto limitativa dell’utilità del percorso scolastico.
“Questo progetto, per quanto bello e particolare possa essere, non ha, secondo me, un’utilità dal punto di vista scolastico, ed è, invece, più puntato alla formazione sociale, cioè a imparare a convivere con gli altri e ad imparare qualcosa di nuovo dalle esperienze e dalle storie altrui.” (G. Ianniciello)
“Più che ai fini dell’apprendimento scolastico, lo definirei inimitabilmente utile nell’apprendimento comunicativo: al di là dell’integrazione di ragazzi stranieri, al di là del programma seguito, questo progetto ci insegna ad ascoltare, a raccontare di noi, a guardare nella giusta grandezza le cose.”(B. Esposito), per la risposta è stata negativa.
La scelta dei contenuti non è comunque indifferente in una classe che si propone di realizzare uno scambio interculturale.
“L’obiettivo [delle lezioni di italiano] era secondo me condividere con i migranti degli aspetti della nostra e della loro cultura, iniziare a conoscerci e a togliere quel velo di mistero e di diffidenza che divide (…) e mostrare come questa diversità sia spesso inesistente o bella da scoprire, tramite le somiglianze e le diversità fra le fiabe di paesi diversi” (E. Maneri)
“Interessante è stato il confronto con la favola guineana Bintou, essa presenta aspetti molto diversi rispetto alle favole che siamo soliti sentire. Abbiamo quindi cercato di riflettere e ragionare su queste differenze” (N.Querzola)
Nei gruppi si sono letti i testi delle fiabe, ci si è aiutati molto nella comprensione anche con traduzioni in inglese e si è lavorato insieme per la loro rappresentazione.
“Attraverso la rappresentazione abbiamo comunicato tutti nella stessa lingua, ciò ha permesso a coloro, che non avessero capito la spiegazione del testo, di poter comunque seguire la vicenda.”(N. Querzola)
“Non penso che la rappresentazione abbia favorito tanto la comprensione delle fiabe, quanto l’immedesimazione in esse, coinvolgendoci e invogliandoci nel lavoro.” (F.Lasi)
Ma soprattutto la rappresentazione ha facilitato l’instaurarsi di una familiarità nei rapporti.
“Quella sottile vena di imbarazzo, i sorrisi timidi, la paura di recitare male la propria parte e fare una brutta figura davanti ai compagni: tutte cose che creano intimità, fiducia, rapporti confidenziali e amici. Cose che ci insegnano a guardare la nostra stessa figura semplicemente come ragazzi giovani che fanno una recita e che hanno voglia di conoscersi. Crea, quindi, uniformità e vicinanza umana.”(B.Esposito)
Lo svolgimento delle lezioni di scienze e di storia ha potuto avvantaggiarsi di un percorso già iniziato e si è proposto di approfondire la conoscenza reciproca attraverso la conoscenza dei paesi di provenienza e di alcune tappe della storia del ‘900.
La lezione di scienze che ha suscitato il maggiore interesse è stata quella in cui sono intervenuti gli esperti dell’azienda agricola Floema su agricoltura biologica e agricoltura africana (12 su 19).
“Soprattutto nell’attività di laboratorio ho visto i ragazzi [africani] molto coinvolti, ma anche nella lezione con gli esperti di agricoltura, durante la quale hanno integrato ciò che dicevano gli esperti con esempi di vita quotidiana nel loro paese.” (S. Tassi)
“Adama ed un ragazzo del Gambia ci hanno raccontato dei metodi di coltivazione e dei frutti del loro paese, alcuni dei quali per noi erano totalmente sconosciuti. Sono rimasta colpita dalla fierezza con cui parlavano della loro terra e dei suoi frutti, soprattutto perché, quando noi abbiamo dovuto fare la stessa cosa con le piantagioni italiane, eravamo molto più svogliati…forse perché per noi non sono poi così importanti.” (I. Di Silvestro)
“Soprattutto dalle lezioni di scienze è emerso un particolare molto interessante: le tradizioni, le abitudini culinarie, i ritmi delle vite che abitano e colorano allo stesso modo terre diverse, non cambiavano solo in paesi lontani tra loro come l’Italia e il Senegal, ma anche tra il Nord e il Sud dell’Italia stessa! Questo, quindi, ci suggerisce come sia impossibile “scampare” alle “grinfie” del confronto, poiché diventa l’unica modalità di comunicazione non appena facciamo un passo fuori dalla nostra realtà.” (B. Esposito)
Le lezioni di storia, a conclusione del percorso, sono state quelle che sicuramente hanno presentato maggiori elementi di difficoltà. Dalle tradizioni familiari (fiabe, cibo, ambiente di vita) si è passati alla memoria del proprio passato e alla situazione politica presente, in continuo confronto tra il punto di vista della storia italiana e quello della storia africana. Il coinvolgimento è stato realizzato nel lavoro dei gruppi, dove gli studenti hanno potuto condividere le testimonianze raccolte in famiglia sugli eventi della Seconda guerra mondiale e del primo dopoguerra (vedi articolo Guerra mondiale e resistenza al plurale nella memoria della classe multietnica).
Il racconto storico si fa più vivo, più reale tanto che
“questo ci ha permesso anche di fare delle considerazioni sulle terre da cui vengono i ragazzi. I loro paesi sono sconvolti da guerre lunghe e sanguinose; quello che è successo ai nostri familiari più di settant’anni fa, adesso sta succedendo a loro ed alle loro famiglie.” (I. Di Silvestro)
Di grande importanza ai fini del raggiungimento degli obiettivi delle lezioni di storia e del coinvolgimento reciproco, sono state i tre interventi dei ragazzi africani sulla storia del loro paese.
“L’avvenimento che più mi ha colpito è stato quando Adama ha raccontato della propria Nazione e di come ha conquistato l’indipendenza, è stato un momento molto intenso in cui lui ha mostrato tutto il rammarico che prova per il proprio Paese che ama molto, ma è governato da persone che fanno i propri comodi” (G. Ianniciello)
“Dalle lezioni di storia è emerso un particolare molto interessante: il forte senso patriottico che i ragazzi stranieri mostravano nei confronti del loro paese d’origine. Questo senso di appartenenza ha dominato tutte le giornate dilezione, facendo di loro i veri protagonisti.”(B. Esposito)
L’esposizione dei contenuti dei primi articoli della Costituzione italiana e della Costituzione del Senegal, durante l’ultima lezione del percorso, ha voluto significare l’affermazione dei diritti fondamentali che in ogni Stato devono essere sanciti e rispettati. I gruppi hanno cercato di individuare gli elementi di diversificazione che nulla tolgono alla proclamazione dei principi fondamentali.
Le riflessioni conclusive richieste dal questionario consentono di valutare se il progetto ha raggiunto i suoi obiettivi, ossia la promozione di un sentimento di appartenenza ad una più ampia comunità umana e il riconoscimento delle differenze come un valore.
Della classe, ossia l’ambito che ha reso possibile un incontro personale e la condivisione delle diverse esperienze nel lavoro comune, già si è parlato. Ma quale è stato l’esito di questo percorso nella percezione e nella consapevolezza degli studenti? E’ nato qualcosa di nuovo, non ancora del tutto chiaro alla coscienza, ma in essa presente come un dato acquisito, che non mi affretterei a ricondurre a categorie predefinite, per limitarmi a descrivere ed ascoltare.
L’incontro
“Prima di partecipare al progetto avevo già una mentalità aperta, ma il confronto diretto con i migranti mi ha permesso non solo di conoscere la cultura dei loro paesi, ma anche di stabilire un rapporto vero con loro e, come si dice, non è possibile conoscere il mondo solo sui libri, per concetti o ragionamenti, bisogna anche vedere e toccare con mano.” (E. Maneri)
“Sono ragazzi come noi, c’è quello timido, chi ama il calcio, quello più aperto…e allora perché tediamo ad evitarli? Il progetto mi ha permesso di abbattere questi inutili pregiudizi, è stato bello fare amicizia con questi ragazzi e conoscere i loro paesi.”(N.Querzola)
“[Cosa ti ha particolarmente colpito?] Quando il ragazzo che era nel mio gruppo ci ha detto la sua età. 19 anni! Sembra quasi assurdo per noi avere esperienze di questo tipo alla sua età.”(G. Ruzzu)
Rispetto e stima
“Prima di partecipare provavo già un senso di ammirazione verso i rifugiati, e mi sono stupito di fronte alla loro tranquillità rispetto all’argomento, nonostante a me appaia veramente un atto di coraggio la vita che hanno deciso di scegliere. Questo ha aumentato la stima che provavo precedentemente, poiché ora provo ancora più rispetto per la loro audacia e la loro apparente serenità che, forse, nasconde enorme sofferenze.” (Z. Ji Shun)
“Inizialmente li rispettavo e trattavo come persone normalissime, come del resto sono, ora però, dopo aver sentito le loro storie, ho ancora più rispetto verso di loro.” (G. Ruzzu)
Il senso di comunanza e il cambiamento di sé
“Dalle fiabe alla storia dei rispettivi paesi, dall’agricoltura alle costituzioni, dal teatro alla geografia ogni attività era mirata, più che a farci comprendere i concetti, a farci sentire parte di un tutto, a dare un senso di comunità, a capire le differenze e valorizzare e in questi obbiettivi il progetto è riuscito benissimo. È difficile da esprimere in parole, perché non è una conoscenza che possa essere quantificata o verificata, ma è presente, e spero non se ne andrà mai.” (E. Maneri)
“Mi ha particolarmente colpito la “voglia di vivere” che aveva uno degli ospiti nel mio gruppo, era sempre interessato a tutto, faceva continuamente domande e cercava di apprendere al meglio la nostra cultura per poi raccontarci della sua. Un modo di fare molto amichevole e aperto verso tutte le diverse culture presenti nella nostra classe, non c’è stata una lezione in cui egli non fosse attento e amichevole nei nostri confronti. Penso sia un atteggiamento che mi ha molto ispirato e che proverò a portarmi dietro per molto tempo.” (H. Stephens)
“Ora ho ben impresso che loro sono da considerarsi tali e quali a noi, perché la comunanza che tra gli uomini vince le chiare differenze culturali che si riscontrano.” (T. Okada)
“Il progetto è andato ben oltre le mie iniziali aspettative, non pensavo inizialmente che potesse cambiare, ma soprattutto migliorare così tanto il mio lato umano. Ho imparato ad approcciarmi alle persone in modo diverso, a superare le barriere mentali e conoscere prima di giudicare. Quando ho scelto questo percorso ero scettico riguardo alla sua utilità, ma, fin dalle prime lezioni, ho capito di essermi sbagliato, penso che abbia lasciato un segno dentro ognuno di noi, in particolare dentro i nostri ospiti. Prima mi sentivo soltanto cittadino europeo, ma adesso credo di essere pronto per essere un cittadino del mondo.” (N. Querzola)
Più uguali che diversi quindi. Uguali nelle istanze fondamentali, nella capacità di pensiero, di parola e di costruire relazioni, diversi per storia e significati simbolici, cioè per cultura. Il fondamento comune va scoperto: l’incontro produce stupore e meraviglia. La diversità è attraente se ci sentiamo legati in una comune appartenenza.
Antonia Grasselli
Coordinatrice del Progetto
