IL PROFUMO DEI NOMI
Scienze 22 febbraio
Socializzazione e geografia
“Ho letto una volta in un libro, che una rosa con qualsiasi altro nome, avrebbe avuto sempre lo stesso odore, ma non sono mai stata capace di crederci. Non credo che una rosa sarebbe altrettanto bella se si chiamasse diversamente.” (L.M. Mongomery)
Quando guardiamo un bosco, senza riuscire a percepire le piante che lo compongono, lo vediamo solo come una massa indistinta di un bel colore verde, un’immagine che non ha il fascino sufficiente per attirarci, per coinvolgerci emotivamente, incapace perciò di destare in noi lo stupore. Mentre, è quando ne conosciamo le particolarità e le piccolezze, che ne riceviamo una irresistibile forza.
E cosa ci consente di conoscere una persona, se non il suo nome? Molto più delle grandi cose, il nome infonde coraggio, scivola dentro l’uomo e lo definisce, gli da un luogo e un tempo, un’origine certa.
Ed è proprio con la domanda “Come ti chiami?” che si sono aperti i sipari del quarto giorno, nonché l’inizio del programma di scienze.
“Ti piace il tuo nome?” “Sai cosa significa?” “Hai dei soprannomi?”
Domande discrete, semplici, senza troppe pretese, grazie alle quali, però, ho potuto notare un atteggiamento di risposta, comune a tutti noi ragazzi, che mi ha lascito piacevolmente sorpresa: tutti abbiamo ugualmente interpretato queste domande non come fine a sé stesse, ma come un “trampolino di lancio”. Nel mio gruppo (Ubuntu), partendo dal “Come ti chiami?”, ci siamo letteralmente tuffati nel raccontare che tipo di musica ascoltassimo, cosa avessimo intenzione di fare dopo il liceo, che viaggi sognassimo di fare. Ed è stato indiscutibilmente travolgente notare come, proprio in quel momento, tutti eravamo impegnatissimi ad intrecciare le nostre vite, le quali diventavano una sola grande treccia di esperienze, che tra loro si trovavano piacevolmente e inaspettatamente simili.
E’ seguito il momento di confronto, durante il quale una coppia per ciascun gruppo si è presentata alla classe: ed ecco che quella “massa di un bel colore verde” ha iniziato a prendere le sembianze di un bosco.
Abbiamo scoperto che a Mohamed non piace il suo nome, perché, essendo il nome del profeta Maometto, porta le persone che lo incontrano a vederlo come una persona che ha ricevuto una educazione rigida e non per quello che è. Preferisce il soprannome Capì, che nella sua lingua significa “capitano”. “Io sono un mussulmano moderno – ci ha detto Mohamed – Io amo tutti. La religione non dipende dal modo di vestirsi o di pettinarsi, ma dal cuore”.
Al contrario, invece, Adama ama il suo nome, poiché è quello del primo uomo che Dio ha creato. Ha ricevuto questo nome, perché, quando è nato, era morto da poco tempo un giovane fratello di suo padre che si chiamava così. Ama ancora di più il suo soprannome Benja, che significa piccolo, che gli è stato dato per distinguerlo da un altro Adama più vecchio di lui.
Irene ama il suo nome, che significa “pace” o “colui/colei che porta la pace” tra gli uomini.
Zhou ha due nomi, Zhou il nome cinese e Giulio, il nome italiano. Giulio, il nome che preferisce, deriva dal latino “Iulius”, nome della antichissima gens romana Iulia, Zhou significa invece “avere una strada dritta”, avere successo.
Anche Emiliano ha un nome che rimanda a una parola latina, che indica o la regione “Aemilia” oppure la gens Aemilia, una delle maggiori famiglie patrizie di Roma. I suoi genitori lo hanno chiamato così a ricordo del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata.
Bajimmeh ama il suo nome, perché era lo stesso di suo nonno, e il suo soprannome è Isola (traduzione italiana) perché la sua più grande passione è nuotare, come pure Ebrima, perché il suo è il nome del profeta Ibrahim (Abramo).
Successivamente, ciascun gruppo ha risposto a domande di geografia. Noi ragazzi italiani abbiamo descritto una carta fisica dei territori dell’Italia, chi quella settentrionale, chi centrale, chi meridionale e infine un gruppo le isole, evidenziando la presenza di catene montuose, corsi d’acqua e laghi, mentre i ragazzi stranieri ci hanno mostrato posti incantevoli in Nigeria (come l’altopiano di Jos), in Gambia (dove il nostro amico Ibrahim ci ha mostrato le foto della riserva di Abuko), in Senegal (in cui le splendide acque di Casamace e del fiume Sine Saloum, contrastano con l’area desertica del Ferlo e con le inimitabili acque risate del Lago Rosa) e infine la Guinea (mostrandoci le straordinarie cascate di Kambadagia, nonché l’enorme massiccio di Fouta Djalon).
E’ stato in particolare grazie a questo lavoro, che mi sono resa conto di un cambiamento netto e comune a tutti i nostri sguardi: non erano più opachi, spenti nel guardare una persona che sembrava uguale ad un altra. Erano tutti, indistintamente, animati da una luce profonda e calda.
E questo mi porta a riflettere sulla forza di uno sguardo benevolo nella vita di una persona: ho l’impressione che chi ha il privilegio di avere un testimone amorevole nella propria vita, o anche ” solo” un testimone che cerca il bene dentro di lui per farlo emergere, ha buone possibilità di diventare una persona migliore, forse anche un po’ più felice. Se abbiamo il privilegio di avere qualcuno nella nostra vita che ci guarda con occhi in grado di scorgere in noi qualcosa di diverso, ecco che quello sguardo ci dice che forse in noi c’è qualcosa di meglio di quel che pensavamo.
Barbara Esposito